Mentre nel resto del mondo è ancora studiata e valutata, in alcuni paesi la dipendenza da Internet è ufficialmente diventata una malattia. Persino l’American Journal Of Psychiatry, la bibbia di chi lavora nel mondo della psichiatria, ha proposto l’aggiunta di una “dipendenza da Internet e videogiochi” al Manuale di diagnostica e statistica dei disordini mentali.

“L’era di Internet è iniziata solo da pochi decenni e ha già lasciato profonde tracce nella nostra psiche. La rete, i calcolatori, invadono gli spazi sacri della nostra vita quotidiana, anche quelli interiori”, spiega Nadia Giannalia, psicoterapeuta palermitana. “Internet non è la causa, ma semplicemente il sintomo di un disturbo della personalità che colpisce i soggetti avrebbero trovato altre dipendenze, comunque”.

Si può cominciare a parlare di Internet-dipendenza (net addiction) in senso patologico quando si superano le sei ore di navigazione al giorno e iniziano a manifestarsi sintomi l’insonnia, difficoltà a concentrarsi, stress fisico o mentale, irascibilità e desiderio incontrollato dell’on-line. Dietro le persone colpite da questa dipendenza si celano spesso storie di solitudine e di abbandono.

“Uno dei più frequenti bisogni di dipendenza nasce dal timore di essere abbandonati. I soggetti colpiti mostrano atteggiamenti adesivi, compiacenti, remissivi. Sono delle persone che prendono difficilmente delle iniziative, hanno sempre bisogno di una conferma o dell’approvazione altrui. Assumersi delle responsabilità è per loro di una difficoltà quasi insuperabile”, continua la psicoterapeuta. Spesso per gli affetti da net addiction le uniche vere relazioni sono quelle con il computer, su cui riversano ogni emozione. Per loro gli amici del web e le relazioni di rete sono reali.

Riescono persino a tollerare di essere “maltrattati” e di subire trattamenti spiacevoli o esperienze sgradite in chat, o cupe storie di sesso virtuale. “Anche questo scaturisce da una mancata fiducia in se stessi. Le vittime di questa dipendenza si sentono inette nella vita reale, mentre in rete assumono un ruolo, trovano un mondo parallelo, dove riescono a essere quello che nella vita reale non sono”, spiega ancora Nadia Giannalia. Non esistono ancora terapie o trattamenti specifici, e spesso i dipendenti da Internet non hanno alcuna percezione della loro malattia. “È molto difficile agganciarli – conclude la psicoterapeuta – perché si tratta di persone che in fondo si sentono realizzate. Chiusa la porta della loro stanza e acceso il computer, cominciano a vivere dentro una simulazione che li cautela dalla vita reale”.