Della teoria “della montagna di M” si sono già spese spiegazioni interessanti, che per riassumere, mettono in discussione il rapporto tra colui che studia e approfondisce un argomento

In maniera critica, competente (e per questo necessariamente anche dubbiosa) e chi, ignorante, lancia affermazioni (o negazioni) sullo stesso tema, assolutizzando le espressioni, spesso indimostrate o indimostrabili, o appellandosi a misteriosi e incomprensibili meccanismi di libere associazioni di ragionamento (la supercazzola…)

Esempio: il negazionista del vaccino, tanto per rimanere su un tema di attualità, ti sfida dicendo che non è dimostrato che il vaccino sia la strategia per contrastare il Covid (vuoi perché l’hanno fatto troppo in fretta, vuoi perché è tutto un interesse delle case Farmaceutiche, vuoi perché è tutto un complotto di Bill Gates che ci vuole controllare a distanza, vuoi che ci mettono dentro il 5 G o forse anche i microchips , vuoi che è solo acqua distillata per imbrogliarci e far fuori tutti i vecchietti per selezione naturale….).

Di fronte a queste affermazioni, indimostrate e indimostrabili, se dall’altra parte c’è un professionista serio, ci si butta a capofitto per approfondire scientificamente queste confutazioni e cercare di far capire che le evidenze non confermano per nulla quanto dichiarato e che, fondamentale principio della scienza, l’assenza di evidenza non è evidenza di assenza.

E allora si sprecano tempo, energie e risorse per rimanere fedeli all’esigenza di una posizione seria e credibile e scientificamente sostenibile, mentre dall’altra parte si sparano solo sentenze ipotetiche e si lascia l’onere della dimostrazione (o confutazione ) a chi ha gli strumenti per farlo.

Il quale, forse, avrebbe voglia solo di concentrarsi su cose intelligenti e non perdere tempo a correre dietro ad ogni stordito con troppa o esagerata autostima.

Vero, la medicina NON E’ UNA SCIENZA ESATTA, ma almeno tenta di approcciare nei suoi ragionamenti, con percorsi tecnici, critici, che alla fine arrivino ad essere sufficientemente condivisi alla luce “..che non ci sono evidenze maggiori o migliori di quelle che possediamo adesso”, ma sempre pronti a rimettersi in discussione qual ora nuove informazioni (serie e confermate) emergessero dagli studi che, per inciso, per essere validi devono PER FORZA E PER CHIUNQUE seguire delle regole di precisione.

D’altra parte, ecco perché è impossibile discutere con un ignorante, perché ti porta al suo livello e ti batte sempre per esperienza.

Sono partito da questa lunga premessa (niente di nuovo, solo repetita juvant per rimanere sempre un po’ lucidi sulla questione) per raccontare di un episodio che ho avuto domenica scorsa, sul quale, senza stigmatizzare inutilmente ma anche con un po’ di sana ironia, vorrei aggiungere alcune riflessioni.

Dopo un buon pranzo, arrivano in tavola le chiacchere di carnevale, dolce tipico di questo periodo: discutendo con i presenti, ci si domanda quale sia il segreto per farle veramente buone e l’interlocutore in questione (persona intelligente, acculturata, laureata, anche spiritosa, di professione giornalista e personal chef) risponde con sapiente esperienza che il “segreto” è solo avere una buona quantità di olio e una elevata temperatura di frittura, prediligendo l’olio di arachidi perché il suo “punto di fumo” (temperatura alla quale l’olio degrada perdendo non solo le proprietà organolettiche, ma diventando anche sensibilmente tossico) è superiore a quello degli altri olii.

Chiacchera di carnevale, divagazioni sul Covid

ED ECCO LA QUESTIONE DEL PUNTO DI FUMO E DELLA MONTAGNA DI MERDA CHE PARTE in una discussione dove le due parti (la mia, che prova a sostenere con un po’ di retroscena biochimico, magari parzialmente dimenticato, ma sufficientemente ancora presente nelle reminiscenze di studio sull’olio di oliva come preferibile anche per le fritture e la sua, che partendo da un atteggiamento sentenzioso e anche un po’ “offeso”, assolutizza sulla certezza dell’olio di arachidi)

Sentenzioso, perché la frase è stata “due cose so nella vita, una di queste è il punto di fumo dell’olio”, da offeso, perché si è sentito messo in discussione su un tema su cui evidentemente si sente fortissimo.

Con buona pace del punto di fumo (argomento anche di una certa complessità, che necessita di una certa quantità di approfondimenti per interpretare le variabili del grado di acidità, del tempo di riscaldamento, del contenitore, del volume, dei diversi tipi di cibo che vengono fritti, certamente tutti argomenti di competenza anche del mio interlocutore), si cerca da parte sua senza troppa fortuna di sostenere le affermazioni appellandosi ad articoli su internet (non certamente Lancet, o BMJ o Nature, ma autori che per quanto credibili andrebbero sempre interpretati…).

La morale (che non c’è, sarebbe pretenzioso anche da parte mia) o meglio la riflessione rimane la stessa:

a 57 anni di età, con circa 10 anni di scolarità universitaria (laurea, 2 master, un dottorato di ricerca), un decennio speso (tutt’ora) come professore universitario, una posizione di tutor per dottorandi di ricerca, 20 anni di attività clinica in ospedale e la fortuna di collaborazioni con professionisti ben più bravi e competenti di me, senza falsa modestia mi sento molto più impreparato oggi rispetto ai miei 30 anni; e non perché mi sia rincoglionito per una precoce senilità o Alzheimer, ma perché ho (credo) imparato che assolutizzare il sapere è molto ignorante, essere coscienti e disponibili a mettersi in discussione è, credo sempre io, la migliore premessa per crescere il proprio sapere.

Allora, facciamo che io da buon “dubbioso” mi riservo di approfondire (scientificamente) l’argomento del punto di fumo e, probabilmente arriverò a confezionare una conseguenza interpretativa un po’ meno assolutista e forse un po’ più credibile, senza “sentenze” che facciano inorridire la controparte.

…quando si perde il concetto di sapienza, quando si perde la capacità critica della discussione basata su elementi di seria dimostrabilità (quella scientifica, non quella di Wikipedia…), quando si perde la voglia di mettersi in discussione, accettando anche la possibilità di sbagliarsi e di cambiare idea (solo gli stupidi non lo fanno…), allora abbiamo raggiunto il NOSTRO PUNTO DI FUMO….

Appunto!

AM