É degli ultimi giorni l’idea dell’introduzione di un passaporto vaccinale finalizzato a consentire la libera circolazione degli individui sottoposti a vaccinazione per il COVID-19. Il progetto prevede che chi riceva la vaccinazione sia dotato di una sorta di documento (green pass), probabilmente digitale, che certifichi l’avvenuta immunizzazione contro il SarsCoV2 in modo che possa spostarsi tra gli stati europei senza particolari formalità.

C’é una considerazione da fare a riguardo, da un punto di vista prettamente sanitario: la libertà di circolazione, dovrebbe potersi attuare nel momento in cui si abbia la certezza che il viaggiatore non sia eliminatore o portatore del virus, ma gli attuali vaccini, non è ancora stato dimostrato se siano in grado di garantire solo un’immunità effettiva (cioè prevenire lo sviluppo dei sintomi della malattia ma senza impedire l’eliminazione del virus) o un’immunità sterilizzante (prevenire l’infezione ed il contagio).

Per verificarlo correttamente bisognerebbe che il vaccino venisse inoculato e non venissero adottate altre misure di contrasto al virus (lockdown, mascherine, disinfettanti ecc…), ma chi si prenderebbe tale responsabilità?

In Israele, dove si ha la casistica più alta di vaccinazioni effettuate, sembrerebbe esserci una diminuzione della diffusione del virus ma qualche perplessità è sorta tra i ricercatori in quanto il programma di inoculazione è stato promosso da dicembre 2020 ma anche il lockdown è iniziato contemporaneamente nello stesso periodo.

Anche se il green pass digitale europeo dovesse vedere davvero la luce, bisognerà capire esattamente quali vantaggi offrirà rispetto a chi non è stato vaccinato e, tra l’altro, molti politici non se la sentiranno di restringere la libertà di spostamento solo ai possessori di tale passaporto.

S.S.